Giorgio Bocca, per descrivere i venti mesi di guerra partigiana, ha usato l’espressione “una italianità eccezionale”. Fu una mobilitazione che avvenne in “un periodo in cui fu veramente possibile superare i legami del censo, della religione, delle etnie per essere semplicemente, ma totalmente, uomini liberi”.
Il 25 aprile di quest’anno, festa della Liberazione dal regime nazifascista, ha un significato in più, nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Furono proprio gli anni tra il ’43 e il ’45 quelli in cui – per l’ultima volta – il nostro Paese fu diviso ed occupato da un esercito straniero. E dunque chi combattè quel regime lo fece anche per ridare unità al nostro Paese: basti pensare ai simboli ed agli ideali risorgimentali che caratterizzavano le brigate partigiane.
Il prossimo 25 aprile, festeggiare e ricordare la Liberazione rappresenta una ulteriore occasione per riflettere sulla nostra storia recente e ritrovarci nello spirito e nei valori costitutivi della nostra Repubblica. Mi auguro che lo spirito identitario emerso in modo diffuso in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità sia quello che caratterizzi anche il 66° anniversario della Liberazione. Mi auguro anche che non ci sia alcuna esitazione nel riconoscere i meriti straordinari e la piena riconoscenza ai partigiani, alla lotta di liberazione e al sacrificio di tanti combattenti.
La libertà da loro conquistata e l’unità che ne è derivata sono valore fondante per l’Italia e per il popolo italiano, e anche l’esempio migliore della capacità che questo paese sa esprimere nell’affrontare i peggiori momenti della storia.
Oggi, proprio alla vigilia del 25 aprile, a qualcuno che in parlamento siede negli scranni del centro destra viene in mente una modifica dell’articolo 1 della carta Costituzionale. Costoro, che vorrebbero stravolgere l’assetto democratico della nostra Repubblica, fanno finta di non sapere che l’articolo 1 porta con sé un comma che chiaramente precisa: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il “testamento di centomila morti” – come lo ha definito Calamandrei – è la nostra Costituzione, un’idea di Stato che è convivenza, solidarietà, diritti, che nell’equilibrio dei poteri trova la modalità piena per garantire libertà ai cittadini.
Se sapremo ritrovarci in questo spirito, ognuno con le proprie responsabilità, sapremo affrontare anche l’attuale condizione di emergenza e isolare i personalismi di coloro che non hanno ne storia ne amore per il bene comune.
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