Alle mie riflessioni sulla verginità perduta dalla Lega, l’On. Alessandri ribatte sostenendo:
a) che la causa della crisi è la moneta senza Stato, cioè l’europeismo miope costruito da Prodi;
b) che la Lega al Governo ha garantito ammortizzatori sociali, taglio della spesa improduttiva, tutela delle pensioni e fatto diventare legge il federalismo fiscale;
c) che nel 2005 avevano già riformato la Costituzione per ridurre i parlamentari, ma la sinistra fece bocciare la riforma al referendum.
Sono tutte affermazioni che cercano di deformare la realtà.
Non è stato Prodi a volere una moneta senza una vera Europa politica. E’ stato il compromesso possibile in sede europea. Dopo di che Prodi, l’Ulivo e tutto il centro sinistra italiano si sono battuti per andare oltre e realizzare la massima integrazione europea possibile. Tutte le proposte avanzate in tal senso sono state bloccate da quegli Stati, come l’Italia, in cui le maggioranze hanno invece sostenuto l’Europa minima necessaria. La Lega è stata tra i principali protagonisti nell’opporsi all’integrazione europea e, solo quando la crisi ha messo in evidenza che ciò rappresentava una debolezza per l’Europa intera, ha corretto parzialmente questa posizione.
Quanto alle realizzazioni della Lega al Governo, realizzazioni che ci hanno portato sul baratro, mi basta ricordare:
a) gli ammortizzatori sociali sono stati finanziati in gran parte dalle Regioni, riconvertendo la spesa di fondi europei per la formazione;
b) la spesa tagliata non è stata quella improduttiva, ma soprattutto quella per la scuola, l’università, le Regioni e gli Enti locali;
c) le pensioni sono state toccate in tutte le manovre dei Governi Berlusconi-Bossi, soprattutto quelle delle donne del pubblico impiego; ricordo tra l’altro, che nell’estate 2010 si è stabilito che con 40 anni di contributi si poteva andare in pensione, ma per percepirla occorreva aspettare un anno per i lavoratori dipendenti e un anno e mezzo per gli autonomi e, inoltre, chi continuava a lavorare per quel tempo pagava i contributi senza miglioramenti previdenziali;
d) il federalismo fiscale era di fatto inattuabile con i tagli del Governo; la manovra Monti con l’anticipazione dell’IMU e l’accordo sul trasporto pubblico locale fa ripartire il percorso, anche se serviranno numerose correzioni, in particolare per il patto di stabilità interno.
Infine sulla riforma del Parlamento, va ricordato che quella revisione conteneva non solo la riduzione dei parlamentari e il Senato federale, ma anche una serie di “porcatine” nel miglior stile Calderoli: riduzione delle prerogative del Capo dello Stato, aumento spropositato dei poteri del premier, Parlamento agli ordini del premier, confusione assoluta nelle procedure per l’approvazione delle leggi. Per questo i cittadini – non la sinistra – hanno bocciato quella revisione costituzionale nel referendum del 2006. Ricordo inoltre che la riduzione dei parlamentari sarebbe scattata solo dopo due legislature (nel 2016 se fossero durate cinque anni l’una). E allora basta fare ciò che propone il PD: già nel 2013 Senato federale, con senatori rappresentanti di regioni e enti locali, superamento del bicameralismo perfetto, solo la Camera dei Deputati eletta e che vota la fiducia al Governo, contestualmente alla riduzione dei parlamentari. Si può votare questa riforma costituzionale già nelle prossime settimane e, se davvero fossero tutti d’accordo, ciò permetterebbe di evitare il referendum con l’immediata entrata in vigore dalle prossime elezioni. Non si perderebbe neanche un giorno rispetto ai tempi previsti dalla riforma richiamata da Alessandri e faremmo una cosa fatta bene.
Il PD ci sta, Vedremo presto chi non ci starà
On. Maino Marchi