Nei giorni scorsi, sul suo blog, Beppe Grillo ha scritto: “Oltre che condannare gli attentati contro Equitalia bisogna capirne le ragioni”, scatenando un putiferio. Replica di Bersani: “Non vorrei che da questi dibattiti venisse una giustificazione di massa a chi intende usare la violenza”. Chi ha ragione?
Sto con Bersani: se c’è un problema di Equitalia dal punto di vista del suo funzionamento è giusto porlo e affrontarlo, ma prima bisogna condannare qualsiasi gesto di violenza e intimidazione. In democrazia ci stanno dissenso e critica aspra, ci mancherebbe, ma non ci sta l’uso della forza e della violenza per affermare le proprie idee. Abbiamo già conosciuto negli anni ‘70 una situazione devastante per il Paese e ora, che siamo in un situazione delicatissima per il contesto sociale ed economico, non bisogna dare la minima giustificazione all’uso della violenza: si sa dove si inizia ma non si sa mai dove si finisce.
Restando a Grillo, nel suo messaggio di fine anno il comico ha rilanciato sul suo blog la trovata di un negoziante di Varese che ha appeso fuori dal suo negozio il cartello “Vietato l’ingresso ai politici”. A che punto è arrivato in Italia lo scontro tra la politica e la cosiddetta “antipolitica”?
E’ qualunquista dire che tutti coloro che fan politica sono incapaci. Potrei citare, ad esempio, tanti bravi amministratori che qui nel reggiano, con passione e competenza, svolgono al meglio il loro mandato. Tra i politici ci sono ovviamente quelli capaci e quelli no, ma è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, anche perché chiunque si presenti alle elezioni – sia che rappresenti un partito o un movimento – in realtà fa politica. E anche i consiglieri regionali o comunali rappresentanti del Movimento 5 Stelle fan politica, inutile girarci intorno.
Aggiungo, perché non mi interessa l’autoreferenzialità: va riformato il sistema politico italiano, il suo funzionamento e il suo finanzamento? Certamente, a partire dal fatto che sarebbe utile un bel dibattito (a proposito di populismo) sull’anomalia, un po’ curiosa, che vede ormai in Italia quasi tutti i partiti coincidere con il cognome di una persona, inimmaginabile in altri grandi democrazie.
Vanno riformate le istituzioni per farle funzionare meglio? Son d’accordo, a partire da una riforma del Parlamento, ma è bene ricordare che le democrazie, in tutto il mondo, funzionano grazie ai partiti che selezionano, bene o male, le classi dirigenti. Ecco, forse sulla selezione dei candidati e degli eletti sarebbe utile aprire una bella discussione, perchè noi ad esempio svolgiamo le primarie, cui può partecipare chiunque sia elettore del Pd (per eleggere i segretari) o della coalizione (quando si scelgono i sindaci) e si vota a voto segreto.
I candidati grillini ad esempio come vengono selezionati? Chi li sceglie? Non lo dico per polemica, io ho rispetto per le scelte interne che altri partiti o movimenti svolgono, ma prima di prender lezioni mi piacerebbe una bella, pacata, riflessione. Io ad esempio penso che questa legge elettorale che impedisce ai cittadini di scegliersi i parlamentari, sia proprio “una porcata”, come l’aveva definita il suo ideatore, il leghista Calderoli. Se non cambierà, io proporrò che il Pd la prossima volta faccia le primarie, per permettere ai nostri elettori di scegliere chi candidare al Parlamento. Son disposti gli altri partiti a fare altrettanto? Non sarebbe un buon modo per accorciare la distanza tra eletti ed elettori? Insomma, io vorrei si discutesse nel merito dei problemi, senza banalizzarli, ma chiamandoli per nome e cognome.
E’ evidente che, a proposito di antipolitica, sia cresciuto in questi anni un problema di rapporto e credibilità tra politica e cittadini, tra eletti ed elettori, anche per colpa dei partiti stessi e se il M5S ha avuto un merito è stato quello di sollevare, in maniera decisa, il tema dei costi della politica che in questo Paese, nei livelli più alti, Parlamento e Regioni, hanno raggiunto livelli troppo elevati; ma anche qui bisogna fare attenzione: un conto è ridefinire e diminuire i costi della politica, eliminandone sprechi e privilegi, un altro è difendere invece i costi della democrazia, a meno che non si voglia tornare a quando c’erano i podestà, o quando facevano politica solo i ricchi. E su questo argomento non siamo tutti uguali.
In Emilia-Romagna, per primi, abbiamo affrontato questo tema: il funzionamento dell’assemblea legislativa costa 8 euro a cittadino; in più ha abolito per prima i vitalizi, ha ridotto le indennità dei consiglieri regionali, oggi le più basse d’Italia. In Parlamento si sarebbe dovuto intervenire già da tempo, e anche quando abbiamo governato noi non abbiamo inciso come si sarebbe potuto e dovuto. Ora però qualcosa si sta muovendo, grazie anche al Pd.
Dalla prossima legislatura, anche in Parlamento ci sarà il superamento dei vitalizi, già approvato, cosi come verranno abbassate le indennità. Soprattutto, vorrei ricordare che il Pd ha presentato una proposta di legge per dimezzare il numero dei parlamentari: non per demagogia, ma in nome di una riforma istituzionale utile a superare il bicameralismo perfetto. Inutile avere due Camere che fanno le stesse cose: con una sola Camera legislativa ci sarebbe un forte risparmio strutturale, perchè si dimezzano i parlamentari e un migliore funzionamento del Parlamento. A parole si son detti tutti d’accordo, ma vogliamo vedere, nei prossimi mesi, la coerenza dei partiti presenti in Parlamento, in particolare Pdl e Lega, sull’approvazione o meno di questa riforma.
Cosa pensa del governo Monti?
Abbiamo fatto la scelta giusta ad accogliere l’appello del presidente Napolitano in un momento drammatico per l’Italia. Andare elle elezioni sarebbe stato egoisticamente appetibile per noi, i sondaggi ci davano in testa con oltre 10 punti di vantaggio: avremmo vinto le elezioni e Bersani sarebbe premier. Ma a che pro? Credo che un grande partito sia utile quando mette l’interesse del Paese anche davanti al suo. Sia chiaro: viene prima l’Italia dello stesso Pd.
Andare alle elezioni ci avrebbe visto vincere, ma avrebbe provocato alcuni mesi di “buio” senza un governo, e con un buco da ulteriori 20 miliardi di euro creato dalle manovre sbagliate di Berlusconi e Bossi. Il rischio era il default dell’Italia, addirittura col rischio di non avere i soldi per pagare pensioni e stipendi dei dipendenti statali. E con credibilità zero in Europa e nel mondo. Dunque era necessario dar vita ad un nuovo governo e prendersi la responsabilita’ di tale scelta per salvare l’Italia, in una fase così drammatica. Ma sia chiaro che questa è una transizione. Anche perchè se il governo attuale è nuovo e con persone presentabili e competenti, il Parlamento è quello di prima, con gli stessi rapporti di forza, dunque per approvare ogni provvedimento non bastano i voti del Pd, ma servono anche quelli del Pdl o di una parte di esso.
Si riferisce alla manovra?
La manovra di Monti era necessaria nella quantità complessiva, dunque indispensabile il rigore, anche se non abbiamo apprezzato l’assenza di politiche per la crescita, e il parametro dell’equità è stato convincente solo in parte. Monti ha fatto quello che ha potuto, di fronte al disastro in cui il precedente governo ci aveva cacciato. Ora ci aspettiamo, anzi pretendiamo, la fase 2: salvare l’Italia deve significare, in concreto, contrastare la recessione, produrre crescita e occupazione, dare una prospettiva ai giovani.
Tra le altre richieste del Pd a Monti figurano le liberalizzazioni, la lotta all’evasione fiscale e alla precarietà, le misure per la crescita. Le proposte, nel dettaglio, quali sono?
Beh, a proposito di recuperare risorse da chi non ha mai pagato o pagato troppo poco, ci aspettiamo un deciso affondo sulla lotta all’evasione fiscale, il vero cancro di questo Paese. Ciò che è accaduto a Cortina dimostra che c’è spazio per interventi decisi. E, a breve, il governo dovrebbe fare, come Usa e altri Paesi, un accordo bilaterale con la Svizzera per l’esporto di capitali all’estero solo dietro pagamento di una certa percentuale al Paese di provenienza.
Occorre poi procedere sulla strada delle liberalizzazioni, ma che non siano limitate ai farmaci di fascia C o ai tassisti, sarebbe troppo poco: estensione anche alle assicurazioni, alle banche, al settore del gas e dell’energia, insomma dove la concorrenza, può produrre effetti positivi di risparmio per i cittadini.
E per quanto riguarda il lavoro?
Ok anche alla riforma del mercato del lavoro, soprattutto per quanto riguarda il tema degli ammortizzatori sociali e della lotta alla precarietà, soprattutto nei confronti dei giovani. In questo Paese c’è un’intera generazione che rischia di ritrovarsi disoccupata o precaria. Non trovo urgente, invece, il tema dell’art. 18, se penso a quanti hanno fatto ricorso a quell’articolo nel 2011: circa una cinquantina di persone in tutto. La priorità, dunque, è quella di colpire la precarietà, anche attraverso incentivi verso le imprese che assumano stabilizzando, in primis giovani e donne. Il costo di un’ora di lavoro precario, per intenderci, dovrebbe essere superore a quello di un’ora di lavoro stabile.
E le risorse per fare questo?
Le risorse per fare questo? Da recuperare in primo luogo, come dicevo, dall’evasione fiscale, anche per ridurre le tasse su lavoro e imprese. L’altro fronte deve essere la revisione del patto di stabilità, per gli enti locali virtuosi: in questo caso la Lega non ha mai voluto ascoltarci, l’abbiamo chiesto per tre anni al governo Berlusconi e hanno sempre risposto picche, a proposito di federalismo… L’Emilia-Romagna, a dimostrazione che non siamo tutti uguali, è stata l’unica regione italiana a varare (un anno fa) un patto di stabilità territoriale che ha liberato, poche settimane fa, 105 milioni di euro per gli enti locali, permettendogli di pagare fornitori e imprese o finanziare opere pubbliche già deliberate. Allentare i vincoli del patto nazionale, soltanto in questa regione, vorrebbe dire liberare centinaia di milioni di euro fermi nei cassetti dei sindaci, ossigeno fresco per lavoratori e imprese.
A proposito della Lega Nord, il Carroccio ha annunciato la sua presenza in piazza per contestare il governo Monti in coerenza con la sua nuova veste di opposizione in Parlamento. Cosa ne pensa?
Sono d’accordo con quel che ha detto il sindaco di Reggio Graziano Delrio: il dissenso è legittimo, ma bisognerebbe evitare gazzarre che non sarebbero degne di una città come Reggio, che ha sempre avuto a cuore l’Italia, il tricolore e il rispetto delle istituzioni. Tra tutte le previste contestazioni, quella della Lega mi appare la più surreale e imbarazzante: è stata al governo 8 degli ultimi 10 anni, tra cui gli ultimi tre e mezzo – fino a poche settimane fa – e ha portato il Paese sull’orlo del baratro, e derisi in tutta Europa. Con un debito pubblico arrivato oltre il 120%, dopo che Prodi aveva lasciato in eredità quota 104%; per non parlare del fallimento del federalismo in salsa padana, che avrebbe dovuto, qui al nord, far diventare tutti più ricchi a casa propria, ma che in realtà ha messo in ginocchio gli enti locali. La Lega, insomma, è stata protagonista, assieme a Berlusconi, di un grande fallimento di governo, che non ha modernizzato l’Italia, anzi l’ha resa più povera e fragile. Ora, non sapendo più che fare, si traveste da opposizione e recupera il mito della secessione. Ma ha ragione il segretario Luca Vecchi: il futuro si costruisce nella coesione nazionale, rafforzando l’Europa e non dividendosi per borgate.
Che bilancio si sente di delineare per quanto riguarda il Pd a livello regionale sotto la sua guida?
Non si è mai fatto a sufficienza e ci sono sempre difetti da correggere, ma vien da dire che il bilancio è sicuramente positivo: dal punto di vista elettorale, visto che abbiamo vinto quasi ovunque si sia votato, ma anche da quello del radicamento politico/organizzativo (aumentato il numero di circoli e superato le 400 feste da Piacenza a Rimini) e del rinnovamento dei gruppi dirigenti. La gran parte, ad esempio, dei nostri segretari provinciali e comunali oscilla tra i 25 e i 45 anni. I meriti del buon lavoro che abbiamo svolto non sono miei, ma davvero collettivi. E anche a Reggio il partito ci ha dato un ottimo contributo, a partire dalla qualità del governo locale. E il ritorno, la prossima estate, della Festa nazionale democratica a Reggio, è un meritato riconoscimento.
Un merito solo mi attribuisco: quello di aver tenuto il partito più unito che mai, mi verrebbe da dire che siamo stati un esempio nel panorama nazionale, spesso litigioso. Ho sempre pensato che all’interno di un grande partito si possono avere idee diverse, si possa e si debba discutere anche aspramente nei luoghi preposti, ma poi si decide e, a quel punto, si parla con una voce unica. Ciò che non sopporta più il nostro elettorato è vederci divisi o litigiosi.
Ovviamente l’unità non basta, ma è una buona premessa. Se guardo ai risultati elettorali devo dire che andrebbe anche ricordato il contesto: Alessandri soltanto un anno fa proclamava che la Lega puntava al 20% in regione e che avrebbe vinto a Bologna e Rimini, anche a Castellarano per la verità; contemporaneamente c’è stato il boom dei “grillini” proprio nel momento di maggior crisi tra politica e cittadini. E nonostante questo siamo stati capaci di vincere in quasi tutta l’Emilia-Romagna e andiamo alle sfide di Parma e Piacenza fiduciosi. Forti dell’esser stati capaci di allargare e tenere unito il centrosinistra, cosi come di coinvolgere migliaia di cittadini nella scelta dei candidati a Sindaco, attraverso le primarie. Pensi che se dovessimo vincere in entrambe le città, torneremmo al governo di tutti i Comuni capoluogo e quelli con oltre 50mila abitanti, dopo oltre sedici anni. Speriamo di farcela.
Tra qualche settimana, a Parma, sarà il giorno delle primarie del centrosinistra. Il favorito sembra essere Bernazzoli ma, soprattutto dopo i casi di Milano, Napoli e Cagliari, non ci sono più certezze per il candidato appoggiato più o meno esplicitamente dal partito. Che sfida sarà?
A Parma avevano ragione il Pd locale e il gruppo consigliare quando, anche in tempi non sospetti – prima degli scandali e degli arresti – denunciavano la malagestione della città. L’amministrazione precedente non raccontava la verità che oggi è sotto gli occhi di tutti, un dissesto da circa 600 milioni di euro. Noi abbiamo lavorato per unire il centrosinistra, solo Rifondazione Comunista non farà parte della coalizione. E penso che dopo le primarie si possano coinvolgere anche coloro che non si riconoscono nei partiti tradizionali, ma che vogliono lavorare con noi, per aprire davvero una nuova stagione, dopo i disastri amministrativi che la destra ha combinato.
Per quanto riguarda il candidato a sindaco faremo le primarie, perché non volevamo decidere in pochi, chiusi tra le 4 mura di una stanza. E cosi, come fatto lo scorso anno a Bologna, Rimini e Ravenna, affideremo la scelta alle migliaia di cittadini che vorranno, l’ultima domenica di gennaio, partecipare alle primarie, alle quali il Pd presenterà due ottimi candidati (Bernazzoli e Dall’Olio), tra i 5 complessivi. Decideranno i cittadini, dunque, e il Pd sarà impegnato a stare al fianco di chiunque vinca.
fonte: www.24emilia.com