“Le risposte che il presente ci chiede non possono essere solo di superficie ma devono segnare questa epoca. Cerchiamo di dare insieme contenuti di profondità perché le prospettive del tema d’epoca che la crisi ci pone non sono ancora chiare”. Così il segretario Pier Luigi Bersani ha introdotto la sua relazione alla Scuola di Formazione del PD dal titolo “Democrazia e crescita”.
Per il leader democratico “la domanda di fondo da porci è se e come una democrazia rappresentativa possa indirizzare i processi di crescita nell’epoca della globalizzazione galoppante”. C’è una difficoltà per la politica nel controllo dei fenomeni, qualcosa che si ripresenta da tanto tempo e che la politica non è all’altezza di comprendere.
“La crisi economica – ha continuato Bersani – è frutto delle risposte sbagliate date dalla politica. Questo meccanismo è stato estremizzato dalla finanza con la costruzione di un enorme castello di carta. La panna dei guadagni è arrivata a proporzioni cosmiche, sorretta dall’idea che la macchina fosse perfetta e che non dovesse tener conto di nulla. Tanta gente ci ha guadagnato e ancora ci guadagna. Quindi con l’esplosione della bolla è scoppiata la crisi e il conseguente trasferimento del debito privato su quello pubblico. Oggi non c’è una governance attrezzata a dire alla finanza vuoi pagare un pezzo di quello che hai prodotto, senza scaricare tutto quel debito sul welfare e occupazione? E di esempi in cui sarebbe necessaria una governance ce sono tanti, a partire dalle politiche per l’ambiente, sui fenomeni di migrazione. La percezione delle potenzialità della democrazia è al ribasso”.
“La scala per affrontare il problema – ha proseguito Bersani – è l’Europa, il più grande mercato e il più ricco al mondo! L’Europa ha tutti gli indicatori per essere il numero uno ma non esprime tutte le sue potenzialità perché soggetta a profonda entropia democratica. Ha disperso anche quello che aveva acquisito con l’arrivo dell’euro”
“Ma perché tutto questo?” si è domandato Bersani. “La destre hanno interpretato la globalizzazione in difesa facendo la sua fortuna. Non governando il nuovo si sono arroccate in difesa favorendo le politiche locali, corporative, nazionali. Insomma difese (per altro impotenti) basate sulla paura e la protezione! In Italia abbiamo avuto una ricetta anticipatrice: la ripiegatura populista della destra”.
“Berlusconi è una matrioska che ha in sé tutte le politiche vincenti al mondo: l’anti-stato, l’anti-fisco, il deregolativo; insieme alla Lega ha creato il messaggio di ripiegatura populista con l’aggiunta di modelli comunicativi molto forti legati alla paura; la sua fortuna è stata creata sul suo personaggio, il suo linguaggio e il suo conflitto d’interessi. Tre elementi che insieme hanno fatto dell’Italia un fenomeno particolare ma che non sono sconosciuti nel resto dell’Europa. In Finlandia un partito di stampo leghista ha preso il 19%!”
“Ma la nostra peculiarità è stata quella di avere tutti i populismi al governo! Abbiamo sperimentato e possiamo dire all’Europa che questo tipo di modello di risposta semplificato di governare i problemi non funziona. Quando ci saremo liberati da Berlusconi, quale democrazia dovremmo dare all’Italia? Noi abbiamo osato, gli unici a chiamarci partito, alludendo ad una democrazia rappresentativa, con meccanismi dove incanalare una volontà collettiva. La gente chiederà dove ci portate? E non possiamo rispondere semplicemente: dimmi tu! Nessun meccanismo che favoreggi solo risposte a breve. Servono misure che abbiano durata, investire nel consenso di oggi per fornire misure che possano durare domani. L’opposto del populismo di Berlusconi che non è in grado di decidere e su cui molti conformisti si sono appoggiati. E questi conformisti si svegliano soltanto adesso! Pensavano di non pagare dazio dalla crisi: un egoismo sociale che ha fatto molto male. E tutta questa confusione ha generato il suo opposto: l’antipolitica. Ma come siamo arrivati a questo punto? La risposta è semplice: sono quindici anni che non si fanno riforme e non si cambia niente!”
“C’è un avvitamento della crisi economica e sociale” ha concluso Bersani. “Possono partire fenomeni incontrollati di opinione che non si sa da dove partono e dove arrivano. Il PD non può finire nel mucchio, dobbiamo essere molto combattivi e con un linguaggio diretto: (citando il caso Milanese) adesso e per sempre, nessun deputato è diverso da nessun cittadino. Per questo il 5 novembre la manifestazione che faremo a Roma è in nome del popolo italiano. Parleremo non tanto da opposizione ma da italiani! La gente venga a Roma, per favore, in nome del popolo italiano. Noi non siamo semplicemente l’opposizione, noi vorremmo interpretare un’esigenza di riscossa per la ricostruzione di questo Paese. E staremo larghi, cercheremo di chiamare tutti, in nome del popolo italiano, e di rimettere questo Paese all’altezza della sua dignità”.
“Il nostro progetto per l’Italia ha l’ambizione di una sfida di sistema: il PD si pone non solo l’obiettivo di cambiare il governo ma di aprire una fase costituente con le parole d’ordine ricostruzione e credibilità delle istituzioni rappresentative. Riconciliare la democrazia e il sociale con equità. Per fare questo serve il PD dentro la realtà e che non si faccia trascinare nel movimento di sfiducia e di demagogia. Un messaggio riformatore che sappia mettere assieme il tema economico e quello sociale e porre al suo fulcro il lavoro. La bandiera del PD è il lavoro per le nuove generazioni. Cosa pensa un operaio dell’Irisbus del problema delle intercettazioni del premier? Basta parlare di Berlusconi e dei suoi problemi, risolviamo quelli delle persone”.